Racconti

Milano Rabbia Armata

Leonardo Moretti si sente vittima di un’ingiustizia e genera un vortice di violenza e devastazione trasformandosi in un vigilante secondo alcuni, o in un serial killer secondo altri. Tu da che parte starai?

Quello che segue è un racconto pensato per diventare una serie vietata ai minori di 18 anni.
Ogni riferimento a fatti reali è puramente casuale.
Le immagini delle scene sono realizzate con l’AI e sono animate dal cast che ho immaginato per i personaggi.

Prologo

milano rabbia armata - Javier Bardem

La città respira sottopelle, un palpito irregolare fra le sporche vie milanesi. All’ombra dei grattacieli imponenti, un uomo si staglia nell’oscurità, occhi incisi dal peso di una vendetta che ha riscritto e consuma la sua anima.
Leonardo Moretti, una figura possente e contorta è accovacciato dietro un cassonetto in una strada secondaria di Paolo Sarpi, circondato dai bagliori dei lampeggianti blu mentre in lontananza suonano le sirene delle volanti. La pioggia notturna danza su strade deserte, abbandonate dalla gente per paura della sparatoria che sanno essere imminente. Tra le gocce che scorrono sul suo volto si intravede un’espressione vuota, la tragica consapevolezza che ogni passo sulla strada della violenza lascia una ferita indelebile, senza alcuna speranza di una pace eterna.

 

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Nel cuore della notte, il bagliore delle luci della città si riflette nei suoi occhi, portando con sé il peso di un passato che non può essere dimenticato.
Una silenziosa ombra si stacca dalle sue spalle, è la figura spettrale di Rashad, il compagno delle avventure degli ultimi 5 anni, ad accompagnarlo nelle nebbie del temporale autunnale.

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Con uno sguardo cupo verso l’orizzonte, Leonardo si prepara all’ultimo confronto ripercorrendo i giorni che lo hanno portato a quel momento, un passato di ingiustizie, dolore, morte, e una vendetta che lo ha cambiato per sempre.

9 anni prima

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Leonardo Moretti, 45enne gioielliere rispettato del quartiere, subisce l’ennesima rapina in casa. La famiglia minacciata, il countdown con la pistola alla tempia di Nico, il più piccolo della famiglia. Un colpo parte per sbaglio ai banditi e ferisce mortalmente la moglie. Presi dal panico scappano. Appena Moretti riesce a divincolarsi dalle corde è accecato dalla rabbia, e mentre la figlia maggiore soccorre Anna lui corre in giardino e non esita a sparare ai cinque rapinatori in fuga, colpendone due in strada, di cui uno mortalmente.

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In tribunale viene condannato per omicidio volontario. Lo sguardo immortalato dalle telecamere è disinteressato: prova pietà per la vita che ha spezzato, ma non rimorso. Se potesse lo rifarebbe ancora altre 100 volte, prendendo persino meglio la mira, ma l’avvocato l’ha convinto che per il suo bene è meglio quantomeno tacere, per cui si presta in silenzio a quella che per lui è una farsa, mentre per i media è il caso di cronaca nera della settimana.

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La Prigione dell’Ingiustizia

Dopo 8 anni in carcere, Leonardo emerge trasformato alla prima occasione di uscire con l’obbligo di firma. Ha accumulato muscoli e una rabbia intensa e silenziosa contro il sistema che lo ha condannato. Vive la sentenza come un’ingiustizia nei suoi confronti, e incolpa il sistema se negli anni di carcere e abbrutimento, solo e vedovo, il legame con ciò che resta della sua famiglia si sia incrinato. Anche a causa della perdita della custodia dei figli.

Durante la detenzione fa amicizia con altri tre detenuti: Rashad, accusato di terrorismo, che vede nella jihad l’unica via per la giustizia, ed è stato tradito dai compagni della moschea, normali fedeli moderati.
Fabio, uno spacciatore di piccolo calibro, dato in pasto alla polizia per salvare il suo fornitore, figlio del boss del quartiere; e Peppe detto l’Americano, un killer della camorra figlio di ex emigrati tornati in Italia, il cui clan ha perso la guerra del territorio, sciogliendosi, e lui è finito in carcere senza alcun paracadute.

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Il Teschio Rosso

Fra buone condotte, conclusione della pena, e permessi temporanei, mettono piede fuori da Opera più o meno nell’arco di 6 mesi l’uno dall’altro, e una volta fuori il quartetto si ricostruisce dandosi alla latitanza nelle campagne pavesi.
Pensano di non avere più niente da perdere, e forse per alcuni di loro  è davvero così. Per cui decidono che se lo Stato non gli ha reso la giustizia che meritavano, è ora di farsela da soli.

Inizia quindi una caccia spietata a coloro che li hanno traditi o per colpa dei quali sono finiti a scontare gli anni di carcere. Una scia di omicidi senza esitazione, esecuzioni e stragi di efferata violenza perpetrate con armi di contrabbando provenienti dall’Ucraina, martelli da cantiere ed esplosivi artigianali.
Dopo i primi successi, Fabio inizia a marchiare ogni scena di omicidio spruzzando su un muro il simbolo di un teschio con vernice rossa e nera e l’aiuto di uno stencil.
La scia di cadaveri di pregiudicati non tarda a dimostrarsi un preciso disegno criminale, e il Commissario Carlo Martini, un uomo onesto e devoto alla legge, con un passato nelle indagini sui serial killer negli anni 90 e sulle bande armate nei 2000, è incaricato di fermare la vendetta cruenta insieme a un team di esperti dell’antiterrorismo.

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Giustizia Privata

I media sono costretti a riportare la brutalità dei giustizieri, che vengono dipinti in tv e sulla stampa come serial killer, folli criminali e terroristi.
L’opinione pubblica invece è spaccata. I meme si moltiplicano, e una parte degli italiani, stufi dell’inefficienza del sistema giudiziario, li sostiene sempre più attivamente man mano che si scopre che i presunti terroristi operino come dei vigilante giustizieri.

Quello di Martini è il tentativo disperato di far rispettare la legge in un’Italia che sembra impazzita. Naviga tra le sfumature morali e le regole che limitano la sua azione mentre intorno piccole bolle di caos esplodono come in una pentola a pressione che sta raggiungendo il punto di ebollizione più velocemente di come lui provi a raffreddarla. È un uomo solitario, non ha mai avuto una famiglia per colpa della sua incapacità di staccare davvero dal lavoro: le sue uniche amiche sono le sigarette durante il giorno, la cucina cinese, e i whisky giapponesi nelle notti che passa al bancone delle sue bettole preferite in Paolo Sarpi, la Chinatown milanese che tanto adora.

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La Caccia Si Intensifica

La rete intorno ai vigilante assassini si stringe, con Martini che si avvicina al quartetto grazie alle onnipresenti telecamere cittadine e ai movimenti delle donazioni in contanti che a volte riescono a raggiungere il gruppo sotto forma di malloppi di denaro abbandonati nelle più impensabili posizioni.
Nel caos della vita nomade fra un rifugio e l’altro e l’efferatezza sempre crescente, gli incontri sessuali con alcune “fan” e la coca iniziano a far capolino allettando l’Americano e Fabio, ed emergono tensioni all’interno di un gruppo così eterogeneo.

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Rashad è sempre più insofferente, vede insozzata la sua guerra santa dai comportamenti degli utili infedeli che lo accompagnano, mentre Leonardo passa le notti insonni ossessionato fra i fantasmi del passato, la pianificazione maniacale della successiva strage, e il disgusto verso comportamenti e persone che un tempo non avrebbe mai frequentato.
Ma l’ossessione è più forte; fra una lite, un hangover, e dei nuovi ordigni artigianali confezionati da Rashad, la missione continua tenuta insieme dalla leadership di Leonardo.
Per infondere nuova energia al gruppo decide di aumentare il livello di sfida e spostare l’azione prima sui soci di coloro che li hanno messi all’angolo ormai quasi 10 anni prima.
E poi sul livello ancora superiore.

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Il Massacro del Sansoni’s

É in questa sete di escalation che i Teschi Rossi compiono quello che verrà ricordato come Il Massacro del Sansoni’s.
I Sansoni sono una famiglia calabrese con legami fra Vibo Valentia, Trezzano Sul Naviglio e Zurigo. Controllano il giro della ricettazione di tutto l’oro rubato a Milano: lo acquistano sottoprezzo da ogni stronzo in grado di arraffare qualcosa che luccica, lo fondono, lo portano in Svizzera, lo ripuliscono, e poi lo riportano in Italia, sotto forma di lingotti, per rifornire le grandi industrie del lusso disposte a non fare troppe domande pur di risparmiare qualcosa.
Offrono persino consulenza sulle norme antiriciclaggio tramite uno studio di avvocati specializzati in materie prime, criptovalute e finanza.
Pacchetto completo by Mafia SpA.

Il lunedì in cui il Sansoni’s, il ristorante di famiglia è chiuso al pubblico, al suo interno si svolgono le riunioni settimanali sullo stato delle attività, con tanto di presentazioni powerpoint e grafici excel.
I quattro barricano le porte e applicano una tecnica simile a quella delle forze russe al Teatro Dubrovka: inondano il locale di gas lacrimogeno (non avendo a disposizione fentanyl o nervino) e fanno irruzione con maschere della seconda guerra mondiale, sparando un mix di proiettili letali e non letali.
Uccidono le guardie e neutralizzano ogni persona armata e pericolosa, ma tengono boss e contabili in vita per poterli “interrogare”.
L’Americano sembra un matto mentre tortura e mutila gli ostaggi, ricoprendosi del sangue dei mafiosi mentre le telecamere a circuito chiuso immortaleranno quello che a breve sarà il momento di svolta di questa follia.
Che questa notte smette di essere una sonata a quattro.

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Halloween di sangue

Non solo i fatti del Sansoni si vengono a sapere in ogni dettaglio grazie alla fame di click dei media, ma dalla Procura di Milano una talpa fa trapelare le riprese delle telecamere a circuito chiuso, che inondano Telegram delle torture degne di un film di Tarantino.

È il punto di non ritorno.

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Pochi giorni dopo ad Halloween le strade italiane sono letteralmente invase da ragazzi in camicia bianca e cravatta nera, con arnesi e pistole giocattolo, i capelli spettinati e ricoperti di sangue.

Online nascono blog che incitano all’eliminazione di politici e criminali più o meno noti alle forze dell’ordine.
La gente propone nomi, vota le classifiche sui Death Note nei canali anonimi, e vengono versate donazioni verso molteplici conti in criptovalute di dubbia legittimità. La Polizia Postale fa straordinari 24 ore su 24 per chiudere i siti, ma in poche ore tornano attivi grazie al tamtam sui social ed a server stranieri, mentre le cripto rimbalzano da un conto all’altro finendo all’estero su wallet freddi in poche ore, con l’impossibilità di essere confiscati.

I ban sui social sono all’ordine del giorno e la parola “teschio” e ogni sui derivato viene bandita dagli algoritmi dei principali social, grazie all’accordo di collaborazione di Meta, X etc con le autorità italiane.

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Di notte i muri delle città iniziano a riempirsi di teschi come quelli dipinti da Fabio, che di giorno di corsa le autorità impongono di ricoprire agli amministratori di condominio. Gli atti di giustizia privata violenta si moltiplicano, con veri e propri linciaggi di quartiere quando accadono scippi o violenze.
Il tasso di crimini violenti crolla e dopo il primo femminicidio finito con una brutale lapidazione del colpevole, anche quel tipo di violenze sembra ridursi drasticamente.

Il problema è che a volte viene linciata la persona sbagliata.

In ogni caso appena si scatena la folla, le camionette della polizia sono costrette ad intervenire in assetto antisommossa arrestando decine di persone alla volta, ormai con l’aiuto dell’esercito, schierato per decreto con funzione di polizia su tutto il territorio nazionale.

L’Italia è divisa tra chi li vede come eroi e chi li accusa di stare trascinando nel baratro della barbarie la società. Le raccolte fondi a favore dei brutali vigilantes si stima che arrivano alla cifra mostruosa di 1 milione di euro.

I fondi però riescono a raggiungere i Teschi Rossi solo in minima parte: a causa dei serrati controlli delle Forze dell’Ordine e della notorietà che ha reso i loro volti noti a chiunque, Leonardo e i suoi sono costretti praticamente ad azzerare gli spostamenti.
Le scorte da parte sono poche ma il gruppo continua a mietere vittime, attingendo anche alle liste pubblicate sui siti per fomentare la massa, nel tentativo disperato di trovare una via d’uscita alla clausura diurna.

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Underground

Il tempo torna al presente, nel vicolo in cui è iniziata questa storia. Inizia un confronto armato fra la polizia e il gruppo di fuoco, e Martini riesce a catturare due membri del gruppo.
Fabio è ferito e muore poco dopo il fermo, mentre l’Americano viene sbattuto in un elicottero che decolla da piazza Gae Aulenti, per essere tradotto verso un carcere di massima sicurezza in località segreta.
Leonardo e Rashad fuggono per i vicoli, ma la missione di vendetta ha vita breve.
Un cecchino dai tetti del grattacielo prende Rashad in testa, mentre un altro colpisce Leonardo alla spalla, che urla disperato vedendo cadere l’amico di tante battaglie, proprio mentre Martini li aveva praticamente in pugno.

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Scoppia il caos fra le fila della polizia mentre Martini urla come un pazzo in radio di fermare il fuoco. Leonardo con le lacrime agli occhi recita una Sura funeraria in arabo verso il corpo esanime di Rashad, e approfitta per darsi alla fuga ferito, infilandosi in un parcheggio sotterraneo.

Le volanti hanno ormai bloccato ogni via di fuga dallo stabile mentre Leonardo guarda la canna della sua Beretta.
Circondato dalle macerie della sua vendetta si sente un uomo sconfitto, senza né una missione né una famiglia a cui tornare, ed è deciso a togliersi la vita piuttosto che rimettere piede in carcere.

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Mentre medita di uccidersi si apre un tombino dal pavimento, un uomo sdentato e la sagoma di un ragazzo dai capelli neri lunghi e unti lo chiamano per nome e lo invitano a scendere nella rete fognaria sotto il parcheggio.

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Leonardo ha lo sguardo perso nel vuoto e non risponde finché la giovane sporca e logora non esce dal tombino, gli si piazza davanti al volto, lo prende per il bavero della giacca di pelle fradicia di sangue ed acqua e gli ringhia “Papà, non puoi arrenderti ora che ti ho ritrovato”.

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Quando la polizia entra, non trova altro che sangue e impronte che portano al tombino.
Provano ad aprirlo ma è sigillato con una saldatura dall’altro lato.
Ci vorranno ore per cavarlo fuori.

L’Italia è divisa, Milano è divisa, e l’ombra della giustizia proietta un dubbio angoscioso sulle istituzioni che osservano una popolazione sull’orlo della guerra civile.
La scia di morte non è finita, ed è chiaro che ci sono ben più di un paio di persone che hanno trasformato la rabbia in lotta armata, e non solo a Milano.

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