50 anni di Hip Hop pt.1 – Essere adolescente durante la Golden Age Italiana
Contenuto dell'articolo
1995
Ho già nelle orecchie Coccinella, Ohi Maria, Boombastic e qualche altro sparuto pezzo che di rado passa in radio o tv Fininvest (sulla RAI vige il divieto assoluto).
Ma niente di serio, il nostro è un rapporto di conoscenza ancora superficiale.
MTV si vede ancora poco e male a Palermo, internet non esiste, e le nuove mode negli anni 90 ci mettono un bel po’ a superare lo Stretto.
Mentre leggi il l’articolo puoi ascoltare la playlist con almeno un brano per ogni autore citato. La selezione non ha alcun fine di classifica, va un po’ in ordine di citazione: non è stato facile scegliere 1 o 2 pezzi per un artista, se vuoi un consiglio ascolta l’intero disco da cui è tratto il brano, per lo meno per quelli che cito a fine articolo.
Il vero innamoramento é comunque dietro l’angolo.
Un giorno davanti scuola Andrea, un compagno un po’ più grande che ha amici di Bologna, porta a scuola una cassetta copiata, che va a ruba perché sembra provenire da un altro mondo.
E così, non ricordo se per 5.000 o 7.000 lire, SXM dei Sangue Misto mi consacra all’hip-hop.
Con SXM sono ufficialmente innamorato pazzo, come Celentano per la Muti.
SXM
Ascolto decine di volte SXM in cuffia nel Walkman Sony sequestrato a mio papà: la musica ha una ritmica simile a certe canzoni di Jovanotti, 99 Posse o Articolo 31, ma il cantato è diverso e anche melodia e arrangiamenti. Somiglia al rap americano, ma per la prima volta è radicato nella nostra cultura.
Neffa, Deda e DJ Gruff vanno a tempo ma il flow si prende momenti libertà, mixano sonorità jazz a voci distorte e suoni cupi, voci e brani campionati da vecchie canzoni e film, scratch, e si sente chiaro l’uso del sintetizzatore per melodie e tappeto sonoro.
Gli ospiti (quelli che ora chiamiamo Featuring) aggiungono vocalità e profondità ulteriori ai brani.
Suona funk, jazz, soul, blues
E Gruff in dopa sdrusa
Il campionatore ormai si è fuso
[Senti come suona, SXM – Sangue Misto]
E i testi
Per la prima volta la musica parla della vita comune, la mia vita. Il cemento e la strada prendono il posto dei campi di grano di De Andre e Battisti.
Il fumo e l’erba prendono il posto dell’eroina che tanto piaceva alla generazione dei 70 e ai loro amati cantanti rock, mentre per noi è solo simbolo di morte e AIDS.
I panorami urbani che ci hanno cresciuto vengono finalmente raccontati nelle loro contraddizioni da chi li vive ogni giorno e non ha ancora fatto il becco di un quattrino e non fa lo scemo per guadagnarli.
Un amore e odio per le panchine e le piazze che tornerà prepotente anche nella seconda generazione dell’hip hop.
Da lì a poco parte una fiammata che dura pochi intensi anni, investe tutta l’Italia è porta con sé uno dei momenti più fervidi e innovativi per la musica e la cultura pop italiana.
AELLE
Nasce AELLE, la prima rivista in Italia a parlare di hip hop e a mostrare foto dei migliori “pezzi” (murales) italiani. Dove trovare o riciclare vestiti oversize, bombolette tappi e markers per tag e murales.
Interviste ai cantanti, nuove uscite ufficiali e demo-tape. Campionatori, tastiere e sequencer.
AELLE è cara e difficile da trovare a Palermo, ma del resto Rumore e le altre riviste musicali dell’epoca snobbano il genere parlando solo di rock e metal, per cui AELLE resta il principale mezzo di diffusione nazionale della nostra cultura.
Le fan-zine
Poi ci sono le fan-zine, ovvero riviste (magazine) fatti in casa da appassionati (fan), che fanno collage di articoli scritti a penna, macchina da scrivere o con i primi pc, fotocopiati tutti assieme e distribuiti sotto forma di fogli A3 o A4 spillati. Paghi una piccola quota per finanziare la rivista e leggi qualcosa di nuovo. Del resto internet non c’è, e i blog arriveranno solo nel 99, insieme all’internet 56K.
È anche l’epoca delle demo-tape.
La demo-tape è una cassetta (tape) su cui gli appassionati incidono i loro pezzi originali, registrati anche a qualità pessima (demo, dimostrazione), e li fanno sentire agli amici. E quelli più bravi li spediscono alle case discografiche. Non ci sono neanche le basi famose su cui cantare come per i mixtape che verrano negli anni 10, quindi va fatto tutto da zero.
Secondo voi, malato com’ero di hip-hop, potevo mai non avere anch’io un gruppo di amici, una mezza crew, quattro scappati di casa con cui provare a fare musica?
Con Danilo nell’estate del 97 partiamo più volte dal centro di Palermo per arrivare a Monreale, paese leggermente in montagna sopra la città, perché lì abita Alessandro che possiede uno dei primi campionatori/sequencer.
Il Sacro Graal per fare rap.
Abbiamo inciso a qualità pessima alcuni pezzi su una cassettina e li abbiamo fatti girare in classe fra i compagni.
Non è durata molto perché non era facile organizzarsi e non esistevano tutte le possibilità che ci sono oggi, ma i pezzi, pur essendo oggettivamente roba da 16enni, piacevano praticamente a tutti.
Insomma, ci siamo divertiti.
Rant: una copia di una copia
Piccolo inciso: oggi con un cellulare da 200€ hai già più strumenti che un professionista nei ‘90.
Con un Mac da 800€ sei più attrezzato di quel che aveva Tupac quando incise Dear Mama.
E allora, mi domando, perché con tutti questi strumenti, escono solo copie delle copie delle copie?
Musica e basta
Comunque, a quei tempi ci interessava fare musica e basta, essere originali, avere il rispetto della crew, rappresentare una realtà senza raccontare le bugie che oggi inondano il rap di luoghi comuni e bulli di cartone.
E avere credibilità.
Nessuno di noi pensava che sarebbe diventato ricco famoso col rap.
Le cassette copiate continuano a girare. CASSETTE, perché per i cd masterizzati c’è da attendere ancora qualche anno, a meno che non sei davvero benestante. Non parliamo poi di Napster ed eMule…
Ogni tanto in questo scampolo di anni 90 si racimolano i soldi per comprare un cd originale, ma costano carissimi ed è roba da regalo di compleanno o Natale!
Per altro, senza riviste né YouTube, passavi i pomeriggi interi nei negozi di dischi come ELLEPÌ in centro, a sfogliare tutti i cassetti divisi per lettera e vedere se era uscita qualcosa. Poi magari pregavi il titolare se ti faceva ascoltare qualcosa per non spendere un patrimonio in un disco pacco.
Immagine tratta dal blog di Lucina Lanzara qui.
Arrivano i primi concerti e festival estivi.
Torniamo indietro all’estate della terza liceo, il 1996, perché arrivano a Palermo i Colle Der Fomento con Cor Veleno (supporting, senza ancora avere un album pubblicato!) e OTIERRE: uno dei più begli eventi musicali che abbia mai visto a Palermo, e che coincide con la famosa “Primavera Palermitana” ovvero quello scatto di orgoglio che muove la città dopo le morti di Falcone e Borsellino e che per alcuni anni rende Palermo una delle mete culturali più frizzanti d’Italia.
In un paio d’anni vedo i Casinò Royale (ancora con Giuliano Palma), Neffa (3 volte per 3 anni di fila, è il mio mito e ancora oggi lo amo come se fosse il primo giorno), gli Almamegretta.
Vedo anche Samuele Bersani, che non fa hip-hop ma dal vivo è bravissimo e non puoi perdertelo!
Una birra con le “star”
Concerti in cui alla fine delle esibizioni puoi tranquillamente bere una birra con i cantanti, che non se la tirano, e farti le foto e due chiacchiere con loro. Foto con macchine fotografiche a rullini, perché non esistevano né le digitali né gli smartphone. Ovviamente sono tutte foto mosse o quasi, i selfie non esistono, ma comunque le stampi uguale perché quando di ricapita più?
I concerti infatti sono ancora eventi abbastanza di nicchia nonostante la fama nazionale dei cantanti.
Per intenderci quando hanno suonato i Subsonica ai Cantieri Culturali della Zisa nel tour di Microchip Emozionale (estate 1999, ripeto 1999), Samuel canta su un “palco” alto non più di 15cm e a 3 metri da noi che saltiamo e poghiamo sudati lerci mentre Boosta fa il pazzo con i suoi sintetizzatori.
E a fine concerto, fino alle 3 di notte i Subsonica felici per la bella serata bevono birra coi fan.
Ora sinceramente ditemi: dopo aver vissuto esperienze simili, come posso mai entusiasmarmi per un live al palazzetto dello sport, dove il cantante se va bene lo vedi solo sui maxi schermi?
Rant 2: avete rovinato i concerti (e la musica)
Negli anni 90 vai al concerto solo se ti piace il cantante, mentre oggi la gente va perché è un evento e deve postarlo sui social e sta tutto il tempo a filmare con il cellulare. E i pezzi spesso neanche li sa.
Le statistiche di questi anni parlano chiaro: il disco per intero non lo sente quasi più nessuno, al punto che ci sono artisti che i dischi non li fanno neanche più: solo singoli.
E fanno concerti, brevi o lunghi, fatti solo di singoli.
Sono veramente pochi i cantanti che possono godere di una fan base di veri appassionati che conoscono anche i pezzi “minori”.
E i cantanti che scrivono un concept album al mondo ormai si contano sulle dita di una mano.
E anche in questo, Marracash è unico.
Ma vabbè, queste cose sono per un altro capitolo.
Il biennio d’oro della Golden Age
1996-97 è il biennio d’oro. Escono fra gli altri:
- Così Com’è degli Articolo 31
- Sotto Effetto Stono dei Sottotono
- Odio Pieno dei Colle der Fomento
- Neffa e i Messaggeri della Dopa di Neffa
- 1996 Adesso! Dei Casinò Royale
- La morte dei miracoli di Frankie Hi-Nrg
- Dalla sede di OTIERRE
- Fastidio di Kaos-One…
Se la chiamano Golden Age del rap, c’è un perché no?
Continua nella prossima puntata…
Se ti è piaciuto l’articolo condividilo con i tuoi amici che amano il rap, e magari possono ritrovarsi in questo scorcio nostalgico sui primi 50 anni della musica più bella del mondo
Pingback: 50 anni di Hip Hop - Fra Rabbia e Contestazione finisce un'era - Saiaku
Pingback: Non ci sono più i Miti di una volta - Saiaku